Caro Fra Simplicio,
sono una ragazza di 22 anni e vorrei parlarle di una questione che mi sta molto a cuore.
Negli ultimi tempi, ho avuto molte difficoltà a mantenere una fede salda. Nonostante abbia sempre sentito il bisogno di credere in qualcosa di più grande e nonostante mi piaccia credere, ho più volte dubitato su come Dio possa essersi reso uomo.
Per questa ragione, ne ho parlato con i miei genitori e la nostra chiacchierata mi ha dato forza per interrogarmi meglio. L’effetto positivo è stato ritrovare una connessione più intima con la mia fede, ma il lato negativo è stato ragionarci oltre modo, cercando di eliminare i miei dubbi. Sono arrivata addirittura a chiedermi se Gesù, in quanto avesse acquisito una forma umana, avesse mai avuto pulsioni umane, come potrebbero essere quelle per il cibo o desiderare una donna. Ho subito rifiutato questa ipotesi, ma l’idea di averci anche solo pensato mi ha riempito di una vergogna incredibile che mi ha lasciato in uno stato di ansia e tristezza.
Ho cercato di trovare informazioni online per sentirmi meno persa e mi sono ritrovata alla nozione di “bestemmiare contro lo Spirito Santo” e mi sono chiesta se fossi caduta in questo peccato che viene definito imperdonabile. Cercando di capire meglio cosa questo concetto volesse dire, mi sono chiesta se l’esempio più semplice potesse essere quando si accosta il nome di Dio a quello di “demonio” e ancora sono caduta in quella sensazione in cui avere pensato a questa bestemmia, pur senza convinzione, fosse sufficiente a farmi cadere nel peccato imperdonabile e avessi irrimediabilmente perso il perdono di Dio.
Come può capire, è stato un processo di eccessivo ragionamento a farmi pensare cose che io intimamente non supporto e per le quali non provo convinzione. Mi trovo ora in un forte stato di confusione, di ansia, di paura di non poter essere perdonata.
Mi aiuti a fare chiarezza. Non appena potrò, andrò a confessarmi.
Chiara, 22 anni.
«Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce»: è un famoso e stracitato pensiero di Blaise Pascal (se puoi, leggilo per intero: di solito nelle edizioni viene identificato con il numero 146. Interessante anche il 144). Che se non altro ci mette sull’avviso: la ragione è uno dei talenti che il buon Dio ci ha donato, e come tale abbiamo l’impegno di farlo fruttare. Farsi domande, imbastire ragionamenti, interrogarsi anche spingendo in là il confine dei propri pensieri, ha in realtà molto a che fare con la nostra vita di fede. Niente a che vedere con il peccato, per adesso, ma nell’impegno di equilibrare la ragione, appunto, con il cuore. Il che vuol dire che talvolta ci può capitare di non essere in grado di spiegarci razionalmente qualcosa, soprattutto su Dio e le sue cose. Mica per niente parliamo infatti di “misteri”. Ma ciò non toglie che non si possa comunque trovarci un senso. Ciao, Chiara! Non mi sembra che si tratti di “peccato contro lo Spirito Santo”. Semmai, chiedi allo stesso Spirito di aiutarti a trovare un po’ più di equilibrio tra testa e cuore.
Fra Simplicio